Competenze organizzative e costrutti psicologici necessari per entrare e permanere nel mondo del lavoro

Con il Volume “Lavoratori 3.0” l’Istituto ha cercato di comprendere come le politiche del lavoro, ormai da anni consacrate alla flessibilità, incidano nei destini lavorativi e personali di chi deve confrontarsi con un mondo del lavoro tutt’altro che flessibile. L’impressione è infatti che una legislazione improntata alla flessibilità nel contesto del mondo del lavoro italiano, legato a un modello produttivo statico, non premiante e guidato da una classe dirigente vecchia e ancorata a un contesto economico non più attuale, rischi inevitabilmente di trasformarsi in precariato, sfruttamento, lavoro in nero.

L’interesse sociale, psicologico e politico di questo lavoro di Ricerca, condotta da giuristi e psicologi del lavoro, si incentra su una fascia di età che va dai trentacinque ai cinquanta anni perché, proprio chi appartiene a questa porzione, è la parte di popolazione che oggi soffre maggiormente le attuali condizione del mercato del lavoro. Dall’Europa fino agli Enti locali sembra che si dia per scontato che, arrivati a trentacinque anni, ormai si sia raggiunta una stabilità professionale, così come dopo i cinquanta non ci possa essere più la necessità di supportare un cambiamento lavorativo o una situazione emergenziale.

Le cronache ovviamente ci raccontano una realtà, complessa, totalmente differente. Se in passato i diplomati avevano un tasso di occupazione elevato e molte possibilità di entrare nel mondo del lavoro con il solo diploma e anche di fare carriera, oggi la situazione è totalmente cambiata, tant’è che anche la laurea non è più l’ultimo steep formativo, ma si prosegue con master, specializzazioni e vari corsi di formazione superiore. Questo dato di realtà deve essere considerato nell’analisi dei tassi di occupazione e disoccupazione.

L’era della comunicazione, poi, ha disgregato lo stato sociale, avendo la necessità di dover sempre comunicare intenzioni, più spesso, o azioni compiute in favore di target specifici. Il lavoro, il diritto al lavoro, non dimentichiamo questa sfumatura, è basato oggi necessariamente su pilastri più complessi e differenziati rispetto al secolo scorso, anche al decennio passato. La formazione è diventata il vero motore nella crescita dell’occupazione quando è ben orientata e organizzata nel raggiungimento di un obiettivo professionale individuale. Le attività di consulenza in ambito lavorativo si sono sviluppate intorno a strumenti che hanno radici nell’ambito psicologico e sociologico e sono quindi fortemente legate allo sviluppo delle persone in termini di conoscenze, capacità e competenze.

La Ricerca è stata svolta su un campione di 607 soggetti ai quali è stato somministrato un questionario online composto da domande relative alle indicazioni anagrafiche, alla situazione lavorativa e alle scale riguardanti le variabili psicologiche in esame e nello specifico:
1) Aspettative (desiderabilità);
2) Soddisfazione lavorativa e personale;
3) Locus of control interno ed esterno;
4) Resilienza;
5) Flourishing. I più importanti risultati emersi dalla ricerca hanno sottolineato delle interessanti caratteristiche che raffigurano il lavoratore odierno.

Leggendo i dati statistici si possono creare dei veri e propri profili che descrivono le varie tipologie di risorse umane: il Resistente, l’Ambizioso, l’Ottimista e il Conciliato. Coerenti all’interno dei valori e dei punteggi ottenuti sulle scale psicologiche, questi quattro profili delineano quasi degli “archetipi” junghiani di modelli di lavoratore che possono dare molti spunti al lettore per guardarsi e per orientarsi nel mondo complesso del lavoro.

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